1925-1929
Gianni Maimeri come imprenditore, era convinto che non fosse l’industria ad aiutare l’arte, bensì l’'arte a salvare l'’industria, e questo lo si è potuto riscontrare fin dalle fasi iniziali della sua azienda, come la ricercata scelta del marchio di fabbrica: il pittore adoperò la figura geometrica del tetraedro perché «comunque lo si giri, ha sempre la stessa forma, inoltre, delle tre facce incise almeno due sono sempre visibili, così è sempre possibile leggere Colori Stabili o Colori Maimeri o Stabili Maimeri». Un altro evento collegabile al pensiero del Maimeri risale alla fine degli anni Venti, quando i due fratelli contrassero un grosso debito con il barone Silvio a Prato che, una volta avviata la nuova F.lli Maimeri & C., ne chiese l’immediata estinzione. Gianni trattò a lungo con il barone e finì col convincerlo ad accettare, in luogo delle cambiali, quaranta tra i migliori quadri da lui realizzati. La sensibilità per l'arte e l’'osservazione attenta della realtà diedero ai fondatori anche una certa predisposizione ad avvalersi con sottigliezza delle prime forme pubblicitarie: spedirono locandine informative e campioni dei loro prodotti a pittori, professori di accademie e personaggi legati al mondo dell’arte, politicamente e culturalmente influenti come Cipriano Efisio Oppo e Margherita Sarfatti. Iniziarono a stabilire anche i primi accordi con i rivenditori, come attestano listini prezzo “personalizzati”, conservati nell’Archivio storico, un primo “database” di pittori e rivenditori. Una volta avviato il mercato lombardo i soci decisero si spingersi anche verso altri centri urbani, in particolare quelli artisticamente più rinomati come Venezia, Firenze, Napoli, Torino ecc. S'iniziò così lo studio della situazione artistico commerciale di tutta la nazione, con figure di provata capacità, che si recavano da rivenditori e persone artisticamente influenti portando con sé locandine, prezziari e campioni di colori. Sul retro del listino del 1931 si legge che: «Le norme per la miscelazione dei Colori, e l’uso delle Vernici, s’inviano gratuitamente. Richiederle con semplice biglietto da visita». Le risposte da ogni parte del paese non tardarono a giungere, come attesta la corrispondenza conservata in archivio: dalla Liguria Pompeo Mariani, da Napoli Vincenzo Irolli, da Firenze Carlo Coppedè, dalla Lombardia Leonardo Bazzaro e Arturo Tosi e da Roma Antonio Mancini. Altre lettere di apprezzamento riguardavano i pigmenti di produzione propria. Nei primi anni infatti la F.lli Maimeri fabbricava anche pigmenti di pregio come il verde smeraldo, gli azzurri e i violetti di cobalto, i gialli di cadmio, i verdi ottenuti dal cobalto e dal cromo. Ricorda Leone Maimeri (1926), il figlio di Gianni, nello scritto inedito Mio padre, che Piero, il caporeparto delle raffinatrici, gli raccontò che, «dopo la morte di mio padre, pigmenti cosi belli come quelli da noi fabbricati non se ne trovavano più».